Spesso furono i patrizi romani ad alloggiare con ogni riguardo personaggi più o meno illustri di passaggio per Terni, ma non Gioacchino Murat, il quale, giunto in città nel 1815, venne accolto con cerimoniale degno del suo rango, ma non fu possibile ospitarlo col seguito per la notte. Le locande non vennero prese in considerazione per la loro modestia e la carenza di spazi. I palazzi gentilizi non si aprirono forse perchè metteva in imbarazzo, più delle idee del re, la bellissima amante che l'accompagnava. Perciò, dopo aver ammirato la Cascata delle Marmore, "spettacolo di tremenda sublimità", partì per Narni dove una famiglia del luogo, rimasta anonima, l'ospitò con infinita gentilezza.
Tra affetto e ironia descrivo la mia condizione di felicità incolpevole, senza peccato, perduto tra la bellezza delle donne ed il piacere del viaggio, tra il buon mangiare ed il buon bere alla scoperta di proposte romanticamente piccole e rustiche fino a quelle più moderne, professionali ed innovative.
venerdì 23 agosto 2013
giovedì 22 agosto 2013
La "Caduta" ... sensazioni indescrivibili
Non tutti coloro che, nei secoli XVI - XIX, transitarono per l'Umbria, diretti da Loreto a Roma o di ritorno da questa città, approfittarono della sosta a Terni o si fermarono per una escursione alla Cascata delle Marmore. Non la videro, infatti, Costanza Farnese, Cristina di Svezia, Maria Casimira regina di Polonia, Montesquieu che, passando di notte, volse il pensiero all'amico marchese Damis che si stava costruendo la casa nel quartiere Annigono [1], il piccolo Mozart, cui il padre-impresario non concedeva assolutamente distrazioni e svaghi, Casanova, troppo desideroso di giungere a Roma, il sommo Goethe per la fretta di arrivare alla città dei Papi.
Chi, invece, affrontò il disagio del trasferimento alla "Caduta" provò sensazioni indescrivibili per la "dolcezza italiana e l'asprezza svizzera riunite" del luogo, per la "musica tonante del salto" (W.J.Jacobs Heinse - scrittore tedesco),
per "l'arcobaleno sulle acque" (August Friedrich Ferdinand von Kotzebue - scrittore e drammaturgo tedesco),
per lo spettacolo simile a "fuochi d'artificio" (Samuel Rogers - scrittore inglese),
Particolarmente scossi ed emozionati gli spiriti romantici.
Il poeta inglese Percy Bysshe Shelley decise di ritornare per fermarsi più a lungo,
il poeta e politico inglese George Gordon Noel Byron, VI barone di Byron, meglio conosciuto come Lord Byron RS vi trovò ispirazione per versi bellissimi,
Anna Jameson, scrittrice irlandese, svenne per l'emozione,
la giovane scrittrice poetessa francese Delphine Gay de Girardin, con lo pseudonimo di Visconte Charles de Delaunay restò inebriata "del tuono, della vertigine, del suicidio delle acque",
Il poeta, scrittore, storico e politico francese Alphonse Marie Louis de Prat de Lamartine rimase convinto che la visione non poteva essere descritta a parole, ma solo vissuta "tra vertigini, brividi e pallori".
A noi non destano molta meraviglia così forti sensazioni suscitate da uno spettacolo straordinario, immutato nel tempo. Al contrario, abituati alle profonde modificazioni e ferite inferte dall'industrializzazione all'ambiente della Conca ternana resta il malinconico rimpianto dell'ammirazione dei viaggiatori dei secoli passati.
Stendhal raccomanda, nel "Viaggio in Italia", di passare per Terni e visitare la Cascata
Nel marzo del 1828, Romain Colomb,
intenzionato a visitare l'Italia, si rivolse per consigli ed informazioni a Stendhal. Il grande scrittore, che della nostra penisola conosceva tutto, compilò una guida nella quale, con estrema concisione, indicava dove far tappa, cosa mangiare, cosa vedere e chi incontrare. Per quanto riguardava Terni dava questo suggerimento: "A Roma si prende un vetturino per Ancona, con il patto di fermarsi tre ore a Terni per vedere la più bella cascata del mondo. Conviene vederla dall'alto, dal basso e dal mezzo: sono stati sistemati sentieri per l'imperatore d'Austria" [1]
[1] Stendhal, "Viaggio italiano" 1828, De Agostini, Novara 1961, p. 22E si spalancò davanti il Paradiso ...
Al buon vino aveva fatto esplicito riferimento il
visitatore apostolico dell’Umbria, il cardinale Mons. Innocenzo Malvasia che,
nel 1587, visitò anche Piediluco. Nella sua relazione si legge, fra l’altro,
che questo luogo “è abbondante di vino et
buono se ben cotto, come usa per tutta l’Umbria, ed abbonda di buonissimi
pesci, massime di trote et gambari che sono portati in grandissima copia a
Roma, facendo capo al Ponte Salaro, dove a certi tempi, sotto nome d’andare a
gamberare, suole concorrere il giovedì molto popolo” [1]
[1] W.Mazzilli - Andiamo a gamberare, in "Indagini", n. 78, (giugno 1998), p. 31
Mezenzio Carbonario, nel suo "Governatore Politico e Christiano", definisce la conca ternana "ameno e vago giardino" e parla di un Nera così ricco di pesce (trote, lucci, tinche, anguille) da soddisfare i bisogni della città nei giorni in cui era prescritto mangiare di magro, di pesche di 18/20 once, di abbondanti melangole, di cavoli di ogni sorta, di porri, di agli; di cipolle di smisurata grandezza, di tartufi e di molta cacciagione.
Andrea Scoto, negli "Itinerari ovvero descrizione dei viaggi principali d'Italia" (1621),
fa sapere ai suoi lettori che il territorio ternano "grasso e umido" produceva "i migliori vini che si possano desiderare ed anche malvasia e moscato", eccellenti carni bovine, pollame domestico, frutti grandi e gustosi, rape da 6/8 once.
Nonostante la varietà e la qualità dei prodotti ternani, non tutti i viaggiatori restarono soddisfatti del cibo delle locande, come sperimentò la poetessa inglese Lady Anna Miller che, insieme al marito e in una carrozza stemmata seguita dalla servitù, compì in Italia un viaggio artistico-mondano-gastronomico.
Tornando da Roma nel maggio del 1771, inorridì davanti alla carne di capra, alle uova stantie, al pane raffermo presentati da un oste di Narni.
Al contrario, nella modesta locanda del passo della Somma la comitiva gustò prosciutto di cinghiale, fette di tartufo riscaldate al fuoco e dell'ottimo ragù. I tartufi e il prosciutto, di cui fecero rifornimento, vennero subito consumati perchè a Spoleto rifiutarono piccioni "ripieni di fegato e cervello fritto" ed una "zuppa con ventricoli di vari uccelli che vi galleggiavano dentro".
E si spalancò davanti il Paradiso ...
La conferma dell’eccellente produzione vinicola ternana ci
viene dai resoconti dei viaggiatori stranieri che ebbero modo di assaggiare i
vini ternani.
Transitando dalle nostre parti il Duca Ferdinando
Wurttemberg, di ritorno da Roma, dove si era recato per il Giubileo del 1600,
assaggiò a Somma – secondo quanto narra il suo diarista, l’architetto di corte
– “dell’ottimo vino, simile alla
malvasia”.
Antoin
Claude Pasquin, detto Valery, erudito francese, autore del “Voyages historiques
et artistiques en Italie” (1831), consigliava a chi si fosse fermato a Terni,
di assaggiare il buon vino “fatto alla
maniera antica”.
Del resto la materia prima non mancava nel ternano: il
pizzutello di Amelia, “la migliore uva
d’Italia” e quella “passarina”
tra Terni e Narni, come affermava Jerome de La Lande, autore delle guide dei
viaggiatori colti: “Voyage en Italie”
Leandro Alberti (Bologna, 12 dicembre 1479 – Bologna, 9 aprile 1552)
Storico, filosofo e teologo italiano.
Tenuto al dovere della predicazione, fu «provinciale di
Terra Santa» - cioè compagno nelle predicazioni itineranti - del maestro
generale dell'Ordine, Tommaso De Vio e del successivo maestro Francesco
Silvestri: con quest'ultimo percorse tutta l'Italia -.
Il 20 gennaio 1536 fu nominato vicario del convento
romano di Santa Sabina.
Fu anche inquisitore di Bologna probabilmente dal 1550 al
1551 o al 1552, anno della sua morte.
L'opera più importante dell'Alberti, dedicata ai sovrani
francesi Enrico II e Caterina de' Medici, è senz'altro la “Descrittione di tutta l’Italia”, pubblicata a Bologna nel 1550.
E’ proprio in questa opera che l’Alberti, riferendosi all’ambiente
ternano, parla di selve di ulivi che producevano abbondanza d’olio e di vigne
di moscatello, di vernaccia e di una passarina senza semi, consumata fresca o
secca, tanto gradita ai romani.
Che la viticoltura fosse a cuore alle Magistrature
cittadine è provato dal fatto che gli Statuti del 1524 comminano ai guastatori
delle vigne le pene più severe tra quelle previste per chi avesse recato danni
negli orti o nei campi.
Cipriano Piccolpasso (Casteldurante [l’attuale Urbania], 1524 – Casteldurante, 21 novembre 1579)
Architetto, storico, ceramista
e pittore di maioliche italiano è ricordato soprattutto come trattatista.
Appartenente a una famiglia
dell'aristocrazia bolognese che si era stabilita a Casteldurante (attualmente
Urbania), centro importante per la produzione della ceramica, ricevette una
buona educazione umanistica e scientifica. Dopo l'iniziale attività di architetto
di fortificazioni militari nell'Italia centrale (Ancona, Fano, Perugia e
Spoleto) ritornò a Casteldurante dove fondò una rinomata fabbrica di maioliche.
Il suo trattato in tre libri sull'arte della ceramica, pubblicato a stampa per
la prima volta a Roma nel 1857/58, è fonte di straordinaria importanza sulla
storia della ceramica d'arte e sulle tecniche adoperate in Italia in età
rinascimentale. Anche la sua precedente esperienza nel campo dell'ingegneria
militare è stata esposta in un trattato riguardante le fortezze e le piante
dell'Umbria: “Architettura e
fortificazione di tutte le città e terre dell'Umbria” (ms. nella Bibl.
Vaticana)
La descrizione di un ambiente
agricolo incantevole, intercalato da folti boschi, da fitti uliveti, da viti
rigogliose e da orti ubertosi , è comune fra quanti passarono per Terni.
Cipriano Piccolpasso, come “cartografo”
pontificio, a Terni nei primi giorni del giugno 1565, annotò nei
suoi appunti che i numerosi ulivi formavano “fittissime
selve”, mentre le viti maritate agli olmi davano ai dintorni l’aspetto di
un “vago giardino” per l’abbondanza
delle acque che irrigavano le campagne.
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