giovedì 25 luglio 2013

RADICI



Ho girato l’Italia ma in questa regione, in questa città, nella “conca” sta il mio cuore; e se il mio cuore sta in questa casa, il cuore della casa era la cucina con il grande camino ed il fuoco acceso che crepitava d’inverno, attorno al quale ci sedevamo con i miei genitori ed i miei nonni dopo aver trascorso le fredde giornate nei campi.
I loro racconti trasformavano quel luogo da focolare domestico a libro delle favole con pagine di boschi e foreste popolate da mostri e fate.
La cucina ed il “modo di cucinare” semplice e complesso di mia nonna prima e di mia mamma poi, con tradizioni ed usi tramandati dall’una all’altra più per dovere che per passione: usanze e consuetudini ignorate da entrambe ma che hanno “minato” la mia anima, il mio olfatto e con esso il mio udito con sapori, odori e suoni che ho poi cercato, talvolta inconsciamente, in ogni dove.
Un ripercorrere con la memoria, una ricerca delle mie radici attraverso ricette che facciano riemergere il ricordo del gusto e del profumo degli alimenti, l’odore degli ambienti delle cucine ternane dove generazioni di donne, amanti della casa e della cucina, signore-massaie, governanti e cameriere preparavano e consumavano i cibi, con amore e lentezza.
Ricordi che ci aiutano ad entrare in quel mondo ormai perduto ma ancora così suggestivo e capace di comunicarci emozioni e sentimenti.
Difendere quindi, l’identità della cucina tradizionale regionale, appiattita dal livellamento della ristorazione che tende a portare in tavola gli stessi piatti dal Piemonte alla Sicilia.
Da goloso e sentimentale quale sono, ho percorso mille strade d’Italia per ragioni di pratica sportiva ma un naturale, quanto oscuro istinto, mi portava a deviare poi per i rivoli degli itinerari gastronomici di cui è ricamato il nostro territorio nazionale.
Un’Italia che vorrei onorasse, sempre, la sua millenaria cultura e la sua civiltà anche a tavola; ho idea che è proprio attraverso questi percorsi che si mantengono le fortune di ordine culturale, di costume e di affratellamento di un popolo.
Abbiamo, noi più che altri, un patrimonio che è la cucina tradizionale, soprattutto la cucina regionale, che la moda dei tanti format televisivi dedicati alla cucina, senza la necessaria preparazione culturale, ha abbandonato per correre dietro al mito ridicolo del facile “profitto”.
E’ questa idea, questa filosofia della tavola, che vorrei trasparisse da quello che scrivo: ed ecco allora Terni, la mia Terni, paesino di transito sulla via consolare Flaminia.
La sua prima valorizzazione è turistica; mèta di viaggiatori europei che consideravano la Cascata delle Marmore tappa importante del “Gran Tour”, viaggio romantico di conoscenza delle bellezze naturali ed artistiche d’Italia. Città prescelta poi, per fini strategici, a sede della nascente industria siderurgica che ne avrebbe totalmente condizionato il futuro e apportato la crescita dai circa quindicimila abitanti della metà dell’Ottocento ai centoventimila di un secolo dopo. La massiccia e rapida immigrazione dai territori o regioni confinanti, i cambiamenti degli usi e costumi legati alla civiltà industriale, il declino dell’economia agricola hanno apportato notevoli cambiamenti anche alle consuetudini alimentari locali.
Ho accennato al “Gran tour”, particolare viaggio compiuto da artisti e umanisti europei nei secoli diciottesimo e diciannovesimo, per i quali il soggiorno in Italia serviva a completare la formazione culturale ed artistica.
Questi viaggiatori scendendo da Firenze a Roma si spingevano fino alla Cascata delle Marmore ed il punto di riferimento più importante per l’accesso alla visione alla Cascata è sempre stato Villa Graziani in Valle.
Libri di viaggio e lettere ci sono testimoni di come in questa villa soggiornarono pittori, principi, regnanti e poeti.
In quella villa, com'erano composti i tavoli? Ed i menù e le ricette proposte com'erano? Com'era il menù del giorno? E quelli delle feste o delle ricorrenze più importanti? 

Nessun commento:

Posta un commento